Mario Tamponi Zurück
Oltre la matematica Dalla logica quantitativa a quella speculare Nascendo e tramontando il sole determina l’alternarsi del giorno e della notte; il giorno si fraziona in ore, minuti, secondi e frammenti di secondi del nostro ritmo vitale; l’avvicendarsi dei giorni misura settimane e mesi. Il sole gira attorno alla terra, e così la luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e l’intero sistema planetario. Questa è la nostra percezione ed è anche la concezione tolemaica, antropocentrica. Se Copernico non l’avesse rovesciata, la matematica astronomica l’avrebbe consolidata calcolando, con la terra al centro, complesse traiettorie di sole e pianeti e a velocità vertiginose. I tolemaici consideravano girevoli anche le stelle “fisse”; venendo a conoscenza più tardi delle dimensioni e profondità di astri e galassie avrebbero dovuto attribuirgli una velocità ben maggiore di quella della luce, in contrasto col principio della relatività che la considera come limite estremo e invalicabile. E senza quel principio, che l’ordinamento tolemaico escluderebbe come un non senso, la teoria di Einstein non sarebbe mai emersa e l’intera fisica avrebbe seguito un altro corso. Di per sè non c’è ragione per sostenere che l’attuale matematica decimale riveli verità assolute, la struttura ultima della realtà. È nata casualmente, artificiale, ispirata forse al numero delle dita delle nostre mani (il numero base sarebbe potuto essere 13 o 18, forse in una successione senza zero); e poi nel corso della storia umana, perdendo il ricordo della casualità delle proprie origini, quella matematica ha dovuto diversificarsi, algebrizzarsi, logaritmizzarsi, arricchirsi di numeri immaginari, attorcigliarsi in equazioni astratte, lontane dall’immediatezza di ogni percezione e intuizione. Fino al paradosso che, mentre la realtà che vediamo e viviamo ci è familiare, la logica che quella matematica vi proietta presumendo di interpretarla è contorta. Una matematica adeguata dovrebbe essere invece diretta, speculare. L’incontro degli opposti La matematica speculare Donato l’ha scoperta appunto ripulendo il campo dell’indagine per ritornare all’esperienza primordiale dell’esistere. Non si basa su un complesso fisso di numeri (come il 10 del decimale) nè su operazioni all’insegna della quantità (il sistema decimale è esclusivamente quantitativo), ma si svolge su simboli flessibili dove, come nel flusso della vita, non esiste un più o un meno secondo presunti livelli scalari. La logica di questa nuova matematica segue la sequenza della natura; e la sua descrizione numerica, o meglio simbolica, pur essendo lunga e articolata come la percezione, è naturalmente comprimibile per passare dal fenomenico (o descrittivo) alla lettura strutturale. Un pò come avviene nella memoria che condensa il passato e le premesse che aprono al futuro; e il passato e il futuro si connettono col presente fino alla contrazione massima nell’unità strutturata (non nel senso decimale). L’unità è l’essere – lo è anche l’esistere umano come appartenenza dell’individuale al tutto. Si superano così molte delle antinomie della matematica decimale, insolubili proprio perchè prigioniere delle convenzioni d’origine. Con la nuova matematica si passa fluidamente da ogni livello di lettura della realtà a tutti gli altri: dall’antroposcopico della nostra ordinaria esperienza sensoriale al macrocosmico di galassie e buchi neri, ma anche al microscopico fino al nanometrico. E ciò in un continuum logico, senza salti o contrapposizioni inconciliabili, come invece avviene nella fisica tradizionale (della matematica decimale) dove ad esempio il gravitazionale cosmico e l’infinitesimale quantistico litigano e si contrappongono fino a ignorarsi a vicenda. Con la sua apertura universale la nuova matematica speculare può spiegare persino quella decimale (casuale e settoriale), un pò come con la lingua viva della nostra comunicazione reale è possibile ricostruire (rendere comprensibili) lingue morte e remote. Donato potrebbe farlo per comunicare con i matematici tradizionali (e le scienze derivate) e mostrare come questi, pur consentendo scoperte e progresso tecnologico-quantitativo, operano in un sistema chiuso che crea una propria realtà, l’articola e la usa spesso senza capirla, come le tante antinomie dimostrano. Solo a sprazzi e per puro caso l’universale della matematica speculare può rivelarsi al settoriale di quella decimale, un pò come il vero all’utile, il reale all’apparente. Si dice che la musica è matematica. In realtà matematica decimale e musica sono lingue diverse (come reale e artificiale) anche se con parecchie affinità. Con la nuova logica speculare invece musica e matematica coincidono. Hanno le medesime frequenze e sequenze, la medesima capacità di cogliere, vivere ed esprimere la totalità nell’unità strutturata: la bellezza. Il flusso della musica è come lo scorrere della realtà nei dettagli della struttura, è la sua verità diluita nel tempo, un pò come la storia di millenni si raccoglie nell’adesso senza tempo. Di ciò è invece incapace la matematica decimale, che tende (dice di tendere) all’unità, alla cosiddetta formula universale, come alla sua chimera: su un percorso lastricato di costruzioni astratte, contraddizioni e omissioni. Energia nucleare a costo zero Tempo fa Donato avrebbe voluto rivelare pubblicamente la rivoluzione della nuova matematica, stava quasi per provarci convinto di donare all’umanità la chiave per superare d’un colpo montagne di problemi e aprire all’incontro degli opposti: matematica e musica appunto, così come relatività gravitazionale e meccanica quantistica, macroscopico e nanometrico, materia e antimateria, massa e buchi neri, oggetto e soggetto, intelligenza e linguaggio, percezione e interpretazione, presente e passato-futuro, temporale e atemporale, finito e infinito, immanenza e trascendenza, energia e spirito, fisica e filosofia... Non vuole più farlo da quando con una delle tante applicazioni della sua matematica speculare ha intuito la concreta possibilità della fusione nucleare a costo zero e quindi della produzione di energia illimitata. Vi aspirano avidamente da sempre schiere di scienziati di ogni nazione, ma le formule della loro matematica decimale continuano a insabbiarli nel vicolo cieco secondo cui bisognerebbe creare temperature incredibilmente alte; in effetti non capiscono che quelle temperature sono già dentro l’energia-materia. Con la relatività speciale (che è una breccia aperta, ma solo una breccia, dalla matematica decimale verso quella speculare) Einstein aveva intuito che ogni particella o corpo nella sua quadridimensionalità spaziotemporale ha già la velocità della luce, che si esprime quanto più nello spazio tanto meno nel tempo e viceversa, così che nella luce, la cui velocità è tutta nello spazio, il tempo si ferma, è “eterno”. Analogamente la temperatura estrema (da big bang) ogni particella o corpo la contiene come in stato di condensazione. Ma srotolandola nel tempo dall’unità strutturata è possibile liberarla in un ambiente (contesto relazionale) apparentemente molto più “freddo”. Il differenziale lo si avverte con la matematica-fisica decimale che per la sua natura quantitativa invece di risolvere il problema ne crea tanti altri, che la bloccano oscurandole le ragioni. Con la logica del nanometrico è più facile entrare nella dimensione reale delle temperature estreme coesistenti, quelle che ad esempio rendono possibile la fusione nucleare delle stelle. Da quella sfera infinitesimale la fusione può estendersi nello spazio in modo controllabile, così che da una quantità relativamente piccola di materia può sprigionarsi tutta l’energia desiderabile. La via maestra per arrivarci ce la indica la matematica speculare. Paradossalmente sarebbe possibile anche seguendo percorsi contorti della matematica decimale con intrecci di formule, da correggere però con l’introduzione di una variabile speculare, che Donato ovviamente conosce e annovera tra le evidenze elementari. Una variabile che nessun computer o sistema combinato di computer potrebbe arrivare a indovinare - neppure provando a caso miliardi di miliardi di combinazioni, semplicemente perchè qui non si tratta di un numero o di una lettera o di un codice dell’alfabeto decimale. La riluttanza di Donato a parlarne è soprattutto etica. Con le sue indicazioni gli istituti di ricerca e l’industria si concentrerebbero sulla fusione nucleare per produrre l’energia necessaria ed anche quella superflua per lo sconvolgimento geopolitico dell’intero pianeta. Crollerebbero le società e gli stati produttori di petrolio e di gas, le imprese di energia alternativa solare ed eolica. Le aree povere potrebbero risolvere i problemi di fame, sete e sviluppo anche solo con la desalinizzazione dell’acqua marina per l’irrigazione di campi e deserti. Ma l’uomo di ogni nazione tende solo a soddisfare i bisogni di sopravvivenza e di benessere per tutti o vuole qualcosa di più e di diverso? L’energia disponibile potrebbe ispirare e alimentare sistemi offensivi degli uni contro gli altri o contro tutti con avidità e prepotenza inimmaginabili, forse verso l’autodistruzione universale senza ritorno. Se Donato volesse dosare con cautela le sue rivelazioni, fin dove potrebbe spingersi? Concedersi prima a un incontro con scienziati e leader politici per testare passo passo reazioni e ambizioni, ma senza entrare nei dettagli e tantomeno svelare il codice decisivo? I più astuti e lungimiranti farebbero comunque di tutto per appropriarsi per primi del codice, per sopprimere subito dopo Donato e corazzarsi di reti fittissime di spionaggio e controspionaggio armato. Per sottrarsi all’accerchiamento Donato potrebbe lasciar intendere fin dall’inizio che quel codice ormai non è più un segreto dei suoi pensieri, che lo avrebbe già confidato a una marea di parenti ed amici, così che la sua eliminazione fisica potrebbe semmai complicare le mire degli avidi ancora a mani vuote. Di per sè Donato non ha paura di morire; con la fede nella sua matematica, comprimibile nell’unità, troverebbe persino ameno il trapasso senza strappi dal tempo all’eterno. Ma finchè dimora nel tempo si preoccupa che gli uomini, invece di distruggersi a vicenda con le banali applicazioni quantitative di una scoperta sublime, possano coglierne il senso vero, l’unità come bellezza non quantificabile, e convincersi del vantaggio di limitarsi a contemplarla, di viverla profondamente senza manipolarla. Mario Tamponi