Mario Tamponi Zurück
Pregare Una nota per chi crede, una scommessa per chi non crede Pregare significa comunicare con l’Infinito. Chi non crede potrà considerare chi prega ingenuo o bigotto, invasato o stregone… ma perchè chi prega dovrebbe piegare la sua fede alla diffidenza di chi non crede? È chi non crede che dovrebbe provare a pregare, a sintonizzarsi con l’Infinito prima di decidersi per il rifiuto. L’obiettivo è talmente ambizioso e vitale che meriterebbe milioni di tentativi a vuoto prima di lasciarsi andare. Chi prega sa che il suo dialogo impossibile diventa possibile solo perchè è l’Infinito a prendere l’iniziativa e a tendergli la mano; e come risposta non può far altro che stringerla con un „si“ di gratitudine, profondo come l’esistere. Pregare è ascoltare, guardare l’incredibile universo e, dentro, il mio incredibile esserci… sapendo che qualunque parola è inadeguata allo stupore. Solo nel silenzio posso cogliere dell’Infinito „le orme“ nella vastità e in ogni dettaglio del mondo (Galileo), il suo soggiornare dentro di me „più intimo di quanto lo sia io a me stesso“ (Sant’Agostino). Di fronte alla sua onnipresenza straripante si sente quanto sia assurdo andare a cercarlo col lanternino di una ragione sottile e miope. L’Infinito è dappertutto, invisibile perchè Infinito. „I filosofi e i sapienti“, a cui allude polemicamente Pascal nel suo Memoriale, concepiscono l‘Assoluto come Sostanza perfetta, Intelligenza suprema. Ma Assoluto, Sostanza e Intelligenza per chi? Se nell’Infinito è la mia origine, l’Infinito dovrà essere anche il mio Infinito, che non mi dimentica, mi cerca e colma la mia inadeguatezza. Certamente è il Padre con cui è decisivo parlare (padre è immagine simbolica a misura d’uomo): tutt’altro che l’entità astratta di uno sterile razionalismo concepita come prodotto dell‘uomo, una cosa fra le cose! L’Infinito, ineffabile perchè trascendente, è l‘Interlocutore di una relazione, semplicemente perchè io esisto come relazione. L’Esistere è più che intelligenza; neppure nel mio piccolo l’intelligenza è il mio tutto, io sono anche sentimenti, passioni, fantasia, memoria, sogni, intuizioni, progetti, ispirazioni, poesia. E la mia intelligenza, separata da tutto il resto, è astrazione, presunzione concettuale, vuoto assoluto. Pregare non è qualcosa che si impara, un’abitudine da professionisti. Per pregare bisogna rinascere ogni volta nella nudità, senza la prosopopea del saccente, del regista, del petulante. Il mio esistere non può essere sgorgato dal mio nulla, è l’Esistere che mi ha inventato donandomi una porzione di sè. Pregare è quell‘evento singolare nel presente, è rinascere nell’Infinito, nel cuore della vita che scorre attraverso le tortuosità nella scoperta continua degli altri, oltre le maschere ammalianti e i miraggi di comodo o di fuga. La vita non è come seguire una commedia o una tragedia teatrale o una partita di calcio da spettatori passivi, attivi solo per sentenziare su regista e attori, su arbitro e giocatori. La vita reclama in me come in ognuno un coinvolgimento da protagonista, nell’ottica secondo cui tutto sembra dipendere da me. È la mia avventura unica, immensa: nel mio c’è anche il destino di tutti. Mi permetto umilmente di sfidare chi non prega, perchè diffidente, a provarci anche brevemente una volta al giorno: all’alba e/o al calare della sera. Ideale sarebbe la recita cadenzata del „Padre nostro“, che è al di sopra di ogni sospetto data la credibilità dell‘autore. È un inno alla fratellanza universale e all’Infinito che in noi la rende possibile; da soli ne saremmo incapaci. Chi vuole potrà accompagnarlo con la lettura del prologo del Vangelo di Giovanni (1-14): „In principio era la Parola…“, che della vita è poesia sublime, sconvolgente. Se il tentativo è sincero, il resto verrà da sè. Col tempo, anche presto, potrebbe succedere qualcosa di grandioso, di inedito perchè non è dato a noi programmarlo. Mario Tamponi